Paola Peli
1^ classificata
Amore dell’anno che muore
I lampioni specchiavano le nostre ombre;
avevo tra le dita tremule la potenza del tuo braccio
e lieve me ne andavo a zonzo come appesa a un laccio
ebbra ad ogni passo nel morente dicembre;
la città era così buia e sonnolenta;
la tua voce era fioca e rassicurante come la luna
e io furtiva pregavo che il nostro amore avesse fortuna
stretta al tuo flessile fianco casta e sgomenta;
i vicoli si incrociavano nella nebbia;
e i passi si abbracciavano stretti sugli umidi ciottoli
per farsi caldo come di notte bisbigliano i giocattoli
e il silenzio era spietato come una trebbia;
di colpo, la porta si apriva cigolando;
fioco vociare ci inebriava del suo calore rubicondo
e io basita mi chiedevo quanto fosse grande e vivo il mondo:
quanto il tuo occhio grande che andava guardando;
ci sedemmo con calma al tavolo di legno;
spogliandoci assorti ordinammo vino vermiglio e corposo
io sentivo languida nell’aria densa il tuo crine odoroso
tenevo la tua cara mano come un pegno;
versammo raccolti nel bicchiere vitreo;
rinfrancati guardavamo l’effetto del colore di sangue
drogata mi stupivo della tua bellezza pallida ed esangue
e l’effetto del nettare fu fulmineo.
I passi lunghi e veloci ci portarono
a letto; ma quell’emozione tradì i nostri corpi sciupati
noi ci abbracciammo col cuore rotto nella coperta stipati
e gli istanti consapevoli passarono.
Del breve soffio che espiriamo ogni ora
è un tizzone che si sazia l’aurora;
picchia il suo bel tacco in un angolo del viso
la danzatrice che ciondola il rio sorriso;
accasciata mollemente sul letto,
un pensiero: dov‘è il mio diletto?
Cola il tempo sul muro del mio sudario:
non ho staccato quel giorno dal calendario.
Alessandro Silva
2° classificato
Tempo famigliare
A mio padre
Si potrebbe rieducare quest’orto,
estirpare il filo appestato
di ruggine, là dove
la plastica pelle verde è crepata,
sfiorendo in brandelli
facilmente aggredibili.
Si potrebbe recintare questo silenzio
tenace e improduttivo, prima che
il cielo si tinga d’acciaio
e la stagione raffreddi la terra.
È giunto il tempo famigliare
che tu ed io attendevamo,
ancora muti e distanti
pur l’uno nell’altro.
SI potrebbe riabituare quest’orto,
sottrarlo alla follia parassita
che l’avvince, deviandolo
da un’obbligata inclinazione:
per cosa, poi. Rimaniamo
ad osservarlo, distanti.
Capiremo la variopinta geometria
d’un pezzo di mondo
governato da un fardello
d’inevitabile ma necessaria pazzia.
Adele Ballarini
3^ classificata
Preghiera di un eroe
Hai sete d’ombra, lirico fiore
che senti nell’agonia
un canto senza voci.
Ti appenderò su quella vecchia pietra
insieme a cose addormentate
perché non possa
disperdere i tuoi petali
mentre il mio corpo giace
sotto un’acacia.
Aria d’inverno
chiudi le mie ferite
con la tua erba incolore
e tu guerra
lasciami un altro giorno
col dolore delle stelle
scava nel fango della mia ombra
e portami i lamenti delle sue labbra
perché colmino i silenzi della notte
pieni d’infinito.
Ricordi di un nonno
Teneramente
il tuo volto ricordo
all’ombra della sera
mentre fanciulla
da sotto il pergolato
ti rimiravo.
Con l’assonnato andare
portavi il peso
della tua vecchiaia
su tramonti di pietra
cercavi pezzetti di luce
per finire il tuo volo.
E nell’attesa
guardavi quelle stelle
sospese al melograno
che la notte scompiglia
senza rumore.
Ezio Testa
4° classificato
Per il 72° compleanno di mia madre
Apro la mente alla musica,
lascio che disponga l’animo
che netti lo spirito
che dia giusto ritmo al cuore.
Solo allora penso a te.
E lascio filtrare il bene solamente,
i ricordi lontani di abbracci
di complice intesa
di calde spiagge sabbiose
della voce tua rassicurante.
Quindi sorrido di gioia
ad occhi chiusi appena.
Poi la musica scema
ed immagini affilate irrompono
a diluire la mia innocenza
con anni ingombranti
pigri a svolgersi senza una mano
a sostener la coscienza.
Il silenzio tutto ricompone
in difficili equilibri
che costringono me ad amarti
e te a sorridermi,
in briglie d’affetto che ci dirigono
a percorrere insieme i sentieri
nel bosco di Biancaneve
con mele rosse e principi azzurri.
Maria Pia Grazia Ciccarone
5^ classificata
Azzarderò pensieri di respiro
Ricoprirò il nudo delle bambole
coi teli antichi
dei templi delle favole.
Azzarderò pensieri di respiro
e con le mani
infonderò la gioia
sui corpi tesi
per l’allegria alla vita.
Riscenderò dalle nuvole immense
e legherò col filo dell’amore
gli uomini sordi
al senso dell’umano
che si difendono
dall’urlo della gente,
quella che vive ai margini,
arrampicata ai brandelli della dignità.
E dirò basta
credendo nel peccato
di quelli che vivono ogni giorno
nell’argilla modellata dalla pioggia
sognando pupi e giostre di cavalli
con l’unica energia
che da il mare.
Poeta ricco di parole inutili
caparbiamente in volo sulla vita
voluta incerta dai forse e dai perché.
Molecole di ansia
lanciate dai dirupi
ricompattate con il sadismo acido
ma raffinato
dall’essenza dell’anima.
Alessandra Milone
6^ classificata ex aequo
Trame di ragnatela
Il gioco perverso ha inizio.
Sono mosca e ragno,
vittima e tiranno.
Protagonista e narratore
spettatore di un sogno
che non ha lieto fine
Sei venuto per uccidermi?
fallo dunque
ma fallo subito
non mi interessa lo svolgimento
solo il principio e il termine.
Ora la freccia è in volo
scagliata contro un punto preciso
ha una sola direzione,
un unico obbiettivo,
il centro, il cuore.
Questa dinamica non prevede illusione
non calcola menzogna
né contempla il dolore.
Guardami negli occhi,
è giunto il momento
di affondare la lama
nella ferita che non rimargina.
Guido Tassi
6° classificato ex aequo
14/12/2002
Dolori lancinanti di occhi senza volto
trasmigrano nella nebbia,
salvarli è pazzia
la pazzia mi stordisce.
Il cervello attaccato dai virus
trasmette il cielo sottosopra
il vento che non soffia
l’estate gelida di sapienza.
Chiudo gli occhi.
La mia terra non ha confini.
Arruolo fiori per la guerra
addestro le farfalle a combattere,
sia dolce il mio odio
sia amara la tenerezza.
Vivo con i battiti dimezzati
soffrendo di pene che non ho commesso.
Azzero le pulsazioni
volando più lontano del tempo.
Mariano Luccero
8° classificato
Follia saggia
Vedo cadermi dagl’occhi/giovani puttane ai blocchi
che vendono il loro destino/ calandosi dal vento supino
incerte se colpire o sognare
lasciano la lama affondare/nei loro tarli di perenne agonia
scacciano coi piedi ogni tirannia
Nefasto il destino del mondo/salubre il dito del giorno
che salva i vili commossi/sputando contro le loro vesti
li riacciuffa calati nell’orgia/di questa vita mai saggia
si è spenta nel cielo la stella
ch’ogni ira capeggia
Lascia le peci sudare
le mogli svanire/dai sogni dei loro mariti
Caccia dal cuore le pene
le stanche sirene/stanno ancora a suonare
sognando la lotta/che nessuno vuol fare
Correte dal vento scappate
strapazza le vuote/menti senza follia
La mia follia è saggia
come un fiume d’acquaragia/che lava i pennelli macchiati
soli stanchi e inzuppati/dallo sporco dei vostri finti quadri
La rabbia si spreca in un’ora
ma poi sente ancora/bisogno di qualche avventura
sognate il mio sogno sognate
scrostando dalle vostre case/l’inerzia di questa prigione
il mondo invoca perdono
e l’uomo che io sono
... si è perso nella nebbia
Roberta Foschi
9^ classificata ex aequo
Concerto nero
Sono veleno
odio puro
sulla tua gioia
Sono il vomito
sputato forte
La putrefazione
dell’anima esausta
La paura del sesso liberato
carne che odia
il suo stesso piacere
Annuso la tua pelle
frugo disperata
ti guardo tremi muori
Aghi di spillo viola
rumore nella testa
strane parole confuse…
Ero quella di ieri
sono quella di oggi
per te la guerriera che trapassa
il presente…
morte antica della Dea sull’Olimpo
sono orgasmo veloce
lama dritta al cervello
spezzata perdizione
lacerante follia
sono sangue
scivolato caldo
servito lento
contrapposto al fetore
nelle bocche vuote dei
miei commensali.
Paolo Guido
9° classificato ex aequo
Senso capovolto
Volteggia lo spirito pensoso
tra i tesori di un’antica reggia.
Arazzi e drappi ondosi su non frequenti arredi
a consacrare esagerati spazi
che aprono a giardini e balconate
viali ed ampie piazze di statue inzuccherate.
Volteggia lo spirito pensoso
tra consueti esclamativi.
Grandezza umana si festeggia
ma è un dire frettoloso, profano, limitato
da compiuta visione assai lontano.
In verità tra queste mura trovo scritto
un poema di no semplice lettura
dalla sintassi colma di capovolto senso.
A evidente ingegno
s’accompagnano realtà crude e violente
brame di potere e iniquità.
Hanno stesse credenziali il Colosseo,
le Piramidi, i castelli medioevali
ombrate dal sudore e la miseria
di coloro che avanzi di pane
e bastonate costrinsero al lavoro.
Io non vedo splendore
dove anelito divino mortifica l’umano
ed il sublime discende dal rancore.
Volteggia lo spirito pensoso
sul circolo vizioso che tanta altezza nell’ardire
scaglia poi nella più stupida stoltezza.
Così l’uomo che aspira a essere migliore
spesso svilisce anche l’aria che respira
e non s’avvede che una mano tesa
e non il pugno a oltraggio dei diritti
sia la chiave per realizzar l’impresa.
Marco Angella
11° classificato
La Torre di Babele
Ubriache parole serpeggiano nel tempo
Uomini convinti si ostinano ad usarle
perdendosi in mille rivoli ondeggianti
Anche i saggi cantori
inopportunamente citati
appaiono in contrasto tra loro
Polemiche incandescenti
condite con astrusi giochi verbali
arricchiscono i giornali
Comari distratte si perdono dietro al non senso quotidiano
Il sommo regista guarda dall’alto l’arca con occhi stralunati
Le lettere sciabordano confuse cozzando l’una contro l’altra
Gli accenti si accapigliano egocentrici
Le immagini si impongono sull’essere
mascherando discorsi scheletriti e roboanti inni al nulla
L’ingorda storia, maestra di morte, sconvolge le vite
Nel caos s’insinua l’artista con feroce afasia
per strappare al mondo fedifrago incontaminati suoni
Pianto e riso si perdono nei petali delle margherite
pronti a risorgere al prossimo urlo ipocrita di pace
velato da subdole armi.